Sergio Signorini

<b>Preghiera sul Lago Biwa</b>, 2009 </br>

frammenti di specchio e vetro di recupero su tavola, 123x187cm
Preghiera sul Lago Biwa, 2009
frammenti di specchio e vetro di recupero su tavola, 123x187cm
<b>Cristallo Incontro</b>, 2008 </br>

frammenti di specchio e vetro di recupero su tavola, 140x120cm
Cristallo Incontro, 2008
frammenti di specchio e vetro di recupero su tavola, 140x120cm

Contributo critico di Sergio Signorini:

"Irruzione Rapidamente Evolutiva"

"Franca Franchi lavora – o gioca? Persino d’azzardo! – con cristalli e specchi (ancora cristalli dunque!) – sull’orlo dell’abisso: frantuma materia di recupero, sfidando, senza curarsene, le antiche e consolidate IRE della superstizione popolare, e la ricompone in spirituale ricerca di armonia cosmica.
La sua Irruzione nel mondo dell’arte è recentissima, ma, Rapidamente - con una rapidità davvero sorprendente! - ha varcato, in un tempo infinitesimo e senza tentennamenti, una soglia Evolutiva che rende difficile supporre quali territori dell’immaginazione attraverserà nei tempi a venire.
Il suo segreto è però evidente: lavora/gioca nel presente! In un sentire immediato che prende forma per incalzante necessità trasformativa.
Lavora con materiali di scarto, riciclandoli in un processo virtuoso che paradossalmente li nobilita proprio nella loro consistenza di scarto: tessere ogni volta uniche e irripetibili - per forma e dimensioni, riflessività e opacità, colore, uniforme o cangiante, e trasparenza - di un ideale mosaico, nel quale prevale infine il tenere insieme tipicamente orientale, che attrae, seduce, allontanando dall’occidentale dicotomia dell’o / o, degli estremi contrari, della continua contrapposizione. Aspetto questo che deriva probabilmente dall’origine del moto artistico di Franca Franchi, che trae spunto dalle stupefacenti ricerche di Masaru Emoto sulla risposta emozionale dell’acqua, più precisamente dei suoi cristalli, all’azione umana.
I materiali elaborati acquistano grande potenza espressiva, perché simbolizzano due aspetti prioritari dell’umana essenza e della sapienza relazionale: la trasparenza (del cristallo), che consente di essere sè, di essere spontanei nella fiduciosa attesa dell’accoglimento altrui; la funzione riflessiva (dello specchio), che stimola ogni evoluzione umana attraverso le risposte interazionali, e perciò riflessive, che il prossimo restituisce.


La composizione dei cristalli di Franca Franchi procede da un fondo, la cui natura mutevole consente di articolare e immaginare spazialità molto differenti: dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, talora leggibili, ambiguamente, nella stessa opera. In Cristallo “Incontro” (2008), per esempio, e' possibile immaginare due cellule, ma anche due stelle, di natura affatto diversa - l’una costituita di impalpabilita' trasparente, l’altra di opacita' riflessiva – che iniziano a compenetrarsi, rispondendo positivamente alla Legge dell’Attrazione: due parti che inseguono l’intero nelle caratteristiche sommate, la cui somma non e' generalmente due, ma molto piu' di due. Il cosmico umbratile spazio di fondo puo' essere dunque immaginato come il buio uterino nel sommo momento in cui si crea la vita, ma anche come il notturno e inquietante spazio infinito della volta celeste nel momento in cui due stelle stanno per collidere, generando luce ed energia dal vuoto.
Il senso di infinita profondita' sembra poi alludere a un forte desiderio di verita', ma anche all’estatica contemplazione degli inspiegabili misteri della vita, che riportano l’osservatore alla dimensione di colui che Alvar Aalto chiamava il Piccolo Uomo.


In altri cristalli il fondo, anziche' nero e monocromo, appare mosso da nebbiose vie lattee, contrappuntate da sparsi e minuscoli luccichii: e' in queste opere che sembra di avvertire un inconsapevole richiamo alla ormai storica corrente dello spazialismo, che tanto ancora influenza la concezione degli spazi contemporanei, anche e soprattutto in architettura.
Di rilevante importanza appaiono poi i riflessi insorgenti dalla tessere di specchio, naturale o policromo. Il primo effetto straniante lo produce la riflessivita' frammentata, nella quale l’osservatore viene suo malgrado risucchiato, per essere restituito alla realta' esterna arricchito di conoscenza di se'. Ogni ritratto, parziale o completo che sia, svela l’immagine a molte dimensioni dell’essere contemporaneo: dalla molteplicita' dell’io alla frammentazione del se', come a dire che la perdita di integrita' della propria vera immagine (il se') viene controbilanciata dalla moltiplicazione delle maschere (“gli” io) al fine di renderci normali, più facilmente accettabili dagli altri.


Nel vedersi frammentati nei frammenti di specchio, Franca Franchi induce anche a una nuova dimensione percettiva, come se nell’osservazione, nella contemplazione dei cristalli non si possa sfuggire a una riflessivita' che coinvolge e risucchia, per la quale chi osserva diviene parte temporanea, impermanente dell’opera stessa. In questo modo l’opera muta in continuazione, fluisce e si rigenera nelle infinite immagini di chi la osserva e vi scorre dentro nel movimento.


Tale riflessività comporta ingenti difficoltà anche per la rappresentazione fotografica, a partire dai rispecchiamenti che si introducono inconsultamente secondo il punto di ripresa. Essi divengono parte integrante dell’immagine fissata, perciò, nella pubblicistica e nella saggistica d’arte, chiamano a collaboratore testuale essenziale anche il fotografo, che deve selezionare e controllare i riflessi al fine di ottenere l’immagine più rispettosa della natura di ogni cristallo. Il fotografo fissa l’opera in immagine unica e irripetibile, legata all’ambiente della ripresa, immagine che - si presume - non potra' mai più essere riprodotta fedelmente, a causa dell’unicita' esclusiva della ripresa stessa (fotografo osservatore e interprete; collocazione / posizionamento dell’opera; mutevolezza dei riflessi specchiati nel luogo e nel tempo; variabilità, irriproducibile altrove, della luce naturale o artificiale).


Se dunque i collaboratori testuali si moltiplicano - fra osservatori, fotografi e modi, tempi e luci di ripresa - una nuova complessita' insorge nel momento in cui Franca Franchi, stratificando le informali tessere in spessori che si staccano dal fondo, le struttura in forma plastica: la riflessivita' stessa perde planarita' e scompone le immagini in modo definitivamente incontrollabile.
Si apre una nuova poetica, che sembra annunciare una sorta di equilibrio e armonia nel e del caos, un ritorno alle forze primigenie e profonde che l’uomo, il Piccolo Uomo, tenta da sempre di ridurre al controllo attraverso l’ordine, il quale, peraltro, nell’infinito e ciclico fluire della vita, ricorrentemente cede all’informalita', che prima o poi risucchia ogni ordine costituito. Una ricorrenza dunque, un’alternanza, che trova puntuale riscontro nella con-fusione – scritta col trattino per decretarne senza equivoci la natura di parola composta - nella quale Franca Franchi naviga infedelmente fra figurativita' riconoscibile e astrazione informalizzante.


Caratteri, questi ultimi, ben rappresentati per esempio nel Cristallo “Preghiera sul lago Biwa” (2009). Il suggerimento veicolato dal titolo sembra orientare verso la percezione di un’immagine “riconoscibile”, vagamente realistica, ripresa però dall’alto, molto dall’alto, da un satellite per intenderci, ma la persistenza nell’osservazione provoca, dopo un tempo variabile da osservatore a osservatore, una sorta di ribaltamento percettivo, trasformando la sensazione della profondità delle acque in abissi stellari, l’immagine dall’alto in immagine dal basso, molto ravvicinata alla vegetazione, la quale perde però - paradossalmente proprio quando dovrebbe essere più riconoscibile formalmente - consistenza e forma compatibili con la natura, per divenire mera astrazione del luogo, inteso dunque semplicemente come tempio, al centro della natura e costituito dalla natura stessa, per l’innalzarsi della preghiera."

Sergio Signorini