Corriere della Sera, Sabato 11 Giugno 2016

Intervista all'artista Franca Franchi sulle sue opere d'arte di cristallo, articolo pubblicato il 11 giugno 2016, dal quotidiano italiano "Corriere della Sera".

L'artista-castellana «Ho dato al barocco un'estetica zen»

Il maniero di Franca Franchi nel Piacentino Tra dipinti secenteschi, le sculture di luce


Ma che bel castello... siamo nella campagna piacentina, località Podenzano, in una delle più antiche residenze nobiliari dei tempi del ducato di Parma e Piacenza. Intorno, piantagioni infinite di pomodori, gracidare di rane. «A luglio ci sarà la festa del pomodoro», ci informa ridendo l'artista Franca Franchi, ex avvocato piacentina, ascendenze argentine, oggi dedita a tempo pieno alla scultura.La bella castellana abita al pianoterra, cinque stanze con pavimenti in cotto, soffitti con travi in legno e pareti affrescate, stufe faentine in maiolica e camini, porte in legno sormontate da eleganti portarmi in pietra serena e grandi vetrate che «guardano» in un giardino secolare. Ci viene incontro nell'antica corte delle carrozze, e non c'è da stupirsi se è vestita di nero e bianco, colori zen, giocati sulle coppie in contrasto: Yin e Yang, luce e ombra, il giorno e la notte, il bianco e il nero, appunto.Franchi è una seguace attenta della filosofia giapponese. «Un anno fa — spiega mentre ci introduce nel primo dei saloni — io e un altro artista, Massimo Tosini, abbiamo fondato un movimento, Zen in art - per un'estetica zen». Lei crea sculture e gioielli, fatti con materiali di recupero: specchio, vetro, cristallo e acciaio, vernice. Tra gli estimatori dell'artista piacentina figura il critico zen più famoso (e longevo) d'Italia, Gillo Dorfles, che un anno fa ha curato una sua mostra a Vigoleno. L'entusiasmo di Franca è palese: «Dice Dorfles che nelle mie opere s'accoppiano precisione e ambiguità». Di questa artistica ambivalenza luccica la casa, che è un grazioso caos di sculture illuminate e spirali d'acciaio, (se ne contano 36) sparse tra mobili seicenteschi, argenterie e tele d'epoca. Una confusione ragionata che alleggerisce l'impatto tra «sculture da vivere» (tavoli) e «sculture luminose» (lampade), trasparenti e colorate, e pezzi d'alto antiquariato, come, nel salone, la specchiera e la console provenienti dalla casa bergamasca dei Blondel (dove nacque Enrichetta la sposa di Alessandro Manzoni) a Castrate d'Adda. «Non amo l'antico in sé, ma solo se integrato col presente, e non ho mai concepito la mia casa come uno status symbol», spiega. Prova ne è che il castello ha a sua volta assunto una fisionomia zen, dove i cascami d'antan, dai tessuti ai dipinti ai tappeti, hanno un senso solo se accostati con elementi come il vuoto, l'asimmetria, il contrasto. L'arredo della camera, giocata sui toni del rosa e del porpora, con affreschini pompeiani tra le travi, è un'apoteosi di questo sentire: il baldacchino di seta del lusso rinascimentale e la luce bianca che gonfia le tende a vela come quando soffia il vento sul monte Fuji, la poltrona settecentesca en gondole, con lo schienale avvolgente, e, in contrasto, il quadro a cristalli frantumati e colorati che accoglie le asimmetrie del Fukinsei, il principio zen che valorizza il concetto di sottrazione e si apre allo Yugen, che scatena l'immaginazione. La cucina, con la madia in rovere dell'800 e il tavolo da convivio, il soffitto a travi e gli affreschi con i castelli del piacentino, è l'unico spazio che Franca non ha colonizzato con le sue creazioni. «Mi sono limitata a dipingere, anzi, a graffiare di vernice gli armadietti. Le opere non ci sono ma si fanno pensare. Accanto al camino mi sono ricavata una seduta vicino al focolare: lì mi ispiro. Perché il fuoco suggerisce all'occhio-cervello una visione allargata, sognante».

Autore: Melisa Garzonio

Fonte: Corriere della Sera 11 Giugno 2016

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